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Nicola Pietrantoni

Sindaci, l’inerzia costa cara

Avv. Nicola Pietrantoni (ItaliaOggi7, 15 febbraio 2021)

I membri del collegio sindacale che non si attivano in presenza di sospetti sulla regolarità di alcune operazioni societarie possono rispondere di bancarotta fraudolenta in concorso con gli amministratori (art. 223, legge fallimentare).
La corte di cassazione, con la sentenza n. 156/2021 (motivazioni depositate il 5/1/2021), è tornata sul tema della responsabilità penale dei sindaci, a titolo di concorso omissivo, in relazione alle condotte distrattive realizzate dagli amministratori della società.

La condanna dei sindaci per bancarotta fraudolenta. Nel caso di specie, la cassazione ha confermato la condanna di tre imputati che erano stati componenti del collegio sindacale della fallita e di altre società dello stesso gruppo. Secondo i giudici di Legittimità, proprio l’osservatorio privilegiato da cui avevano operato (in quanto “inseriti nella galassia delle società”) consentiva loro di visualizzare, con sufficiente precisione e chiarezza, le finalità distrattive di alcune operazioni tra le diverse società del gruppo che erano state compiute dagli amministratori.
La sostanziale inerzia dei sindaci, pur a fronte di evidenti anomalie nella gestione societaria, ha portato alla condanna definitiva degli imputati in sede penale, ove si è accertato che le omissioni di controllo e di intervento erano state “…animate dalla coscienza e volontà” di consentire agli amministratori della fallita di “…azzerarne il patrimonio ad esclusivo vantaggio di altre società del gruppo e in frode dei creditori della società depauperata”. I giudici, in risposta alle argomentazioni difensive sull’omesso intervento, hanno infine sottolineato la “inescusabile tardività delle blande iniziative assunte (mere richieste di chiarimenti agli amministratori) al cospetto di una messe di segnali di allarme di conclamata gravità”.

Codice della crisi d’impresa (d lgs 14/2019). Il tema oggetto della pronuncia sopra citata, con tutti i suoi risvolti, è certamente di estrema attualità, considerato anche la prossima entrata in vigore (1/9/2021) del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d lgs 14/2019), il cui impianto normativo assegna proprio agli organi di controllo societari l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente l’adeguatezza dell’assetto organizzativo e la sussistenza dell’equilibrio economico finanziario dell’impresa. Ciò che comporterà una probabile estensione della posizione di garanzia anche degli stessi sindaci, che saranno destinatari di nuove funzioni e obblighi, con gli inevitabili riflessi sul versante della loro responsabilità.
La recente sentenza, in ogni caso, consente di richiamare i principi generali che disciplinano il ruolo e gli eventuali profili di responsabilità dei componenti del collegio sindacale per i fatti di bancarotta fraudolenta commessi dagli amministratori.

Il dovere di vigilanza. In primo luogo, occorre ricordare la fonte normativa da cui discendono alcuni obblighi in capo all’organo di controllo in questione: secondo l’art. 2403 c.c., il collegio sindacale deve vigilare sull’osservanza, da parte degli amministratori, della legge e dello statuto, nonché sul rispetto dei principi di corretta amministrazione; ove previsto dallo statuto, i sindaci sono inoltre chiamati ad esercitare il controllo contabile.
La norma, dunque, prevede e descrive un vero e proprio obbligo di vigilanza (il cui significato e ambito operativo vanno oltre rispetto al concetto di “controllo”), finalizzato anche a proteggere il patrimonio sociale da comportamenti distrattivi o dissipativi eventualmente commessi dall’organo gestorio.

I poteri impeditivi. Il legislatore, poi, ha assegnato al collegio sindacale, e ai suoi componenti, una serie di poteri che dovrebbero consentire l’esercizio, in termini efficaci, delle funzioni appena richiamate. Si ricordano i più significativi: procedere, in qualsiasi momento, ad atti di ispezione e di controllo, nonché chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari (art. 2403-bis, c.c.). Il collegio sindacale, “qualora nell’espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di procedere”, può inoltre convocare l’assemblea previa comunicazione al presidente del Cda (art. 2406, c.c.). I sindaci di una Spa possono, infine, denunciare al Tribunale eventuali gravi irregolarità riscontrate nella gestione societaria, per consentire all’Autorità giudiziaria di intraprendere tutte le opportune iniziative di propria competenza (art. 2409, c.c.).

La responsabilità risarcitoria. Richiamati i riferimenti normativi circa l’obbligo di vigilanza e i relativi poteri che l’ordinamento attribuisce al collegio sindacale e ai suoi membri, eventuali violazioni sono fonte di potenziale responsabilità contrattuale dei sindaci verso la società, qualora il danno (per la stessa società, per i soci o per i creditori) non si sarebbe prodotto se questi avessero vigilato e agito in conformità agli obblighi della loro carica. Ai fini della responsabilità risarcitoria, la giurisprudenza ha precisato che “…non è richiesta l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere [di vigilanza, ndr], ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità….in quanto può ragionevolmente presumersi che il ricorso a siffatti rimedi…avrebbe potuto essere idoneo ad evitare (o, quanto meno, a ridurre) le conseguenze dannose della condotta gestoria” (cassazione civile, n. 16314/2017).

La responsabilità penale. I principi sopra enunciati, però, non trovano automatica applicazione nel campo della responsabilità penale del sindaco, normalmente ravvisabile a titolo di concorso omissivo (art. 40, 2 comma, c.p.) nell’ipotesi di bancarotta fraudolenta commessa dagli amministratori della società. In ambito penale, infatti, è necessario che questi abbia fornito un contributo giuridicamente rilevante, sotto il profilo causale, alla verificazione dell’evento (in altre parole, occorre accertare il nesso causale tra l’omissione e l’evento) e che abbia avuto la coscienza e volontà in ordine alle conseguenze di quel contributo, anche a titolo di dolo eventuale. In altre parole, come ha ricordato la stessa corte di cassazione, “…non basta imputare al sindaco – e provare – comportamenti di negligenza o imperizia anche gravi, come può essere il disinteresse verso le vicende societarie (fonte indiscutibile di responsabilità civile), ma occorre la prova – che può essere data, come di regola, anche in via indiziaria – del fatto che la sua condotta abbia determinato o favorito, consapevolmente, la commissione dei fatti di bancarotta da parte dell’amministratore” (cassazione penale, n. 44107/2018). Infine, non è necessario accertare, in sede giudiziaria, l’esistenza di un preventivo accordo tra il sindaco e l’amministratore avente per oggetto l’organizzazione e/o la commissione di operazioni distrattive, dal momento che l’inerzia, al pari dell’omissione, può essere sorretta dal dolo in tutte le sue possibili graduazioni.