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Nicola Pietrantoni

Decreto per l’emergenza: come evitare i rischi di corruzione?

Avv. Nicola Pietrantoni (The Good Lobby, 20 marzo 2020)

Il decreto legge 17.3.2020, n. 18 (“Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”) rappresenta il primo vero sforzo di riequilibrare un intero e complesso sistema – sanitario, economico e sociale – profondamente sconquassato dall’attuale emergenza epidemiologica.

La significativa manovra economica assunta dal Governo, del valore di 25 miliardi di euro, trova la sua ragion d’essere nelle premesse alla relazione illustrativa del decreto, ove è sottolineata, in termini chiarissimi, l’esigenza di adottare, in tempi molto rapidi, strumenti straordinari per affrontare una situazione che rischia di paralizzare un intero paese: “La risposta dell’Italia alla diffusione repentina dell’epidemia Covid-19 è immediata e incisiva. Nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, l’Esecutivo si è dato tre obiettivi prioritari: proteggere la salute dei cittadini, sostenere il sistema produttivo, e salvaguardare la forza lavoro … Il presente decreto mobilita tutte le risorse necessarie per fronteggiare l’emergenza collegata alla diffusione del virus Covid-19…” (Cfr. relazione).    

Il nuovo impianto normativo prevede, infatti, una serie di misure straordinarie finalizzate a potenziare il Servizio sanitario nazionale, la protezione civile e la sicurezza, nonché a fornire un sostegno al mondo del lavoro pubblico e privato, alle famiglie e alle imprese, con il coinvolgimento anche del sistema bancario. Sono state, poi, previste disposizioni in materia di giustizia, di trasporti, per i settori agricolo e sportivo, dello spettacolo e della cultura, della scuola e dell’università. Infine, sono stati disposti incentivi fiscali e sospesi gli obblighi di versamento per tributi e contributi, nonché di altri adempimenti.

Il provvedimento interviene, dunque, in ambiti diversissimi tra loro (Sanità, Lavoro, Impresa, Mondo del Credito, Giustizia, Università, etc.) con l’obiettivo di offrire, sin da subito, un contributo concreto e idoneo a rafforzare determinati settori (in primis, la Sanità pubblica) e riparare, almeno in parte, i danni – non solo economici – cagionati dalle recenti restrizioni disposte per contenere la diffusione del Covid-19.

Il decreto legge, nel tentativo di garantire questi risultati, prevede una serie di procedure più fluide e veloci, in deroga rispetto a quelle, per così dire, ordinarie.

Il ricorso ad una sorta di procedura semplificata, strumento forse necessario nella drammatica contingenza, impone però alcune riflessioni, soprattutto qualora dovesse regolare, nell’ambito del rapporto pubblico/privato, requisiti, modalità e tempi correlati all’erogazione, da parte di un organo statale, di liquidità a titolo di finanziamento.

Non va dimenticato, infatti, che questo decreto legge è destinato a creare flussi consistenti di denaro pubblico verso una moltitudine eterogenea di soggetti: persone fisiche, persone giuridiche, privati e appartenenti alla stessa pubblica amministrazione.

L’attuale situazione di “straordinaria necessità e urgenza”, a sostegno di questo particolare meccanismo di finanziamento pubblico, diventa, dunque, un importante indicatore di potenziali criticità da non sottovalutare. Prima tra tutte, il maggior rischio di comportamenti criminosi – con particolare riferimento al reato di corruzione – che potrebbero realizzarsi proprio nella dinamica pubblico/privato di cui si è accennato, considerati gli interessi, anche illeciti, che graviteranno presto sulle importanti risorse economiche messe a disposizione dal Governo.

A titolo esemplificativo, basti pensare alla immissione di 1.650 milioni di euro nel fondo per le emergenze nazionali destinati alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza, nonché al finanziamento di 1.410 milioni di euro – disposto a titolo di incremento, per l’anno 2020, dell’impegno economico cui concorre lo Stato per il fabbisogno sanitario nazionale standard – a copertura delle seguenti misure: incentivi in favore del personale dipendente del SSN; rafforzamento delle risorse umane del Ministero della Salute; potenziamento delle reti di assistenza territoriale; edificazione di nuove aree sanitarie temporanee; incentivi per la produzione e fornitura di dispositivi medici; indennizzi a soggetti pubblici o privati per la requisizione, in uso o in proprietà, di presidi sanitari e medico-chirurgici, nonché di beni mobili di qualsiasi genere occorrenti per fronteggiare l’emergenza sanitaria.

Per visualizzare meglio le implicazioni penalistiche correlate, generalmente, ad ogni procedura straordinaria di finanziamento pubblico, è interessante richiamare la disciplina delle aree sanitarie temporanee, decisive nel caso di aumento dei contagiati, cui sono stati destinati 50 milioni di euro.

L’art. 4 del decreto stabilisce che “le regioni e le province autonome possono attivare, anche in deroga ai requisiti autorizzativi e di accreditamento, aree sanitarie anche temporanee sia all’interno che all’esterno di strutture di ricovero, cura, accoglienza e assistenza, pubbliche e private, o di altri luoghi idonei, per la gestione dell’emergenza COVID- 19, sino al termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020” aggiungendo, al secondo comma, che “…le opere edilizie strettamente necessarie a rendere le strutture idonee all’accoglienza e alla assistenza per le finalità di cui al comma 1 possono essere eseguite in deroga alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 [Testo unico dell’edilizia], delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali…” con la conseguenza che i lavori possono essere iniziati “…contestualmente alla presentazione della istanza o della denunzia di inizio di attività presso il comune competente”.

La procedura richiamata, le cui finalità di assistenza sanitaria sono certamente apprezzabili, evidenzia però la necessità di attivare, da parte di tutte le Autorità competenti, un sistema penetrante di controlli in grado di scongiurare il rischio corruzione, verificando, ad esempio, non solo la sussistenza e l’idoneità dei requisiti per accedere alla suddetta procedura, ma anche la correttezza delle modalità di assegnazione, a terze società, dei relativi appalti per i lavori di ampliamento delle aree sanitarie e per l’acquisizione e installazione di tutti i beni (macchinari, dispositivi e presidi medici) cui le stesse devono essere dotate.

In ordine al tema delle gare e degli appalti pubblici, settore ritenuto, dalla stessa Autorità nazionale anticorruzione, il meno impermeabile a fenomeni corruttivi (Cfr. relazione “La corruzione in Italia 2016-2019 – Numeri, luoghi e contropartite del malaffare” pubblicata il 17.10.2019), ogni eventuale deroga rispetto alle regole ordinarie non può che aumentare, in termini esponenziali, il rischio di corruzione.

La disciplina delle aree sanitarie temporanee, come si è visto, rappresenta un valido modello per cogliere, nell’attuale gestione dell’epidemia in corso, anche la dimensione del rischio penale correlato alle cosiddette normative emergenziali che il nostro paese ha già avuto modo, purtroppo, di sperimentare a seguito di alcuni eventi drammatici (ad esempio, dopo i terremoti in Abruzzo e in Emilia Romagna) con i relativi riflessi in sede penale.

Proprio l’esperienza passata dovrebbe, in questo particolare momento storico, suggerire a tutte le principali Autorità coinvolte – Ministeri, Anac e Magistratura Penale – il compimento di azioni rigorose ed efficaci per prevenire – e, del caso, punire – eventuali condotte illecite nella gestione di denaro pubblico.