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Nicola Pietrantoni

Funzionari pubblici più liberi. Addio (in parte) all’abuso d’ufficio. Discrezionalità estesa

Avv. Nicola Pietrantoni (ItaliaOggi7, 14 settembre 2020)

Il pubblico funzionario che agisce in violazione di regolamenti della pubblica amministrazione non commette abuso d’ufficio. E, nel caso risulti già indagato, imputato o addirittura condannato in sede penale per tale condotta, l’Autorità giudiziaria dovrà procedere all’archiviazione del procedimento, al proscioglimento dell’imputato, o alla revoca della sentenza di condanna.  

Il d.l. Semplificazioni e l’abuso d’ufficio. Ild.l. 16/7/2020, n. 76 (“Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”), c.d. decreto Semplificazioni, convertito in legge il 10 settembre scorso con modificazioni, è intervenuto anche sulla responsabilità penale degli amministratori pubblici, attraverso la modifica significativa della disciplina dell’abuso d’ufficio, reato previsto e punito dall’art. 323 del codice penale. In via generale, la fattispecie richiamata, inserita all’interno del codice penale tra i delitti contro la p.a., è finalizzata a tutelare, in coerenza ai principi enunciati dalla Costituzione (art. 97, comma 2), proprio il corretto funzionamento della pubblica amministrazione, in termini di buon andamento, imparzialità e trasparenza della stessa.

L’abuso d’ufficio prima del d.l. Semplificazioni. Prima della riforma intervenuta con il d.l. Semplificazioni, l’articolo 323 c.p. puniva, con la reclusione da uno a quattro anni, “il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento,ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto”. In caso di rilevante gravità del vantaggio o del danno, inoltre, era previsto un aumento della pena detentiva. 

L’intervento legislativo: il “nuovo” abuso d’ufficio. La nuova formulazione della norma ha cambiato la struttura stessa della fattispecie di reato: da un lato, infatti, il legislatore ha soppresso la locuzione “in violazione di norme di legge o di regolamento”, dall’altro, ha previsto la sanzione penale nei confronti del pubblico funzionario che agisce in “violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”. La restante parte dell’articolo non ha subito, invece, ulteriori integrazioni e il testo è rimasto invariato.

Parziale abolizione del reato. L’intervento normativo apportato dal d.l. Semplificazioni ha abolito, innanzitutto, la rilevanza penale delle condotte con cui il soggetto pubblico, agendo in violazione di norme contenute nei regolamenti che spesso vengono adottati all’interno della pubblica amministrazione, ha ottenuto un ingiusto vantaggio patrimoniale. In ordine alla parziale abolitio criminisdell’abuso d’ufficio, non vanno dimenticate anche le inevitabili ripercussioni sui fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d.l. Semplificazioni. Sul punto, il nostro ordinamento prevede che “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali” (art. 2, codice penale). Ciò significa, in concreto, che ogni procedimento penale, pendente o già definito con provvedimento irrevocabile di condanna, avente per oggetto fatti di abuso d’ufficio privi di attuale rilevanza penale, deve concludersi con pronuncia favorevole nei confronti del pubblico funzionario coinvolto.

Condotta penalmente rilevante. Il nuovo ambito di applicazione dell’abuso d’ufficio, dunque, comprende, ora, le violazioni di “specifiche regole di condotta” che devono essere necessariamente previste dalla legge, o da atti aventi forza di legge (più precisamente, da fonti primarie e non secondarie, ove si collocano invece le misure regolamentari).

Il ruolo della discrezionalità.Inoltre, ai fini della contestazione dell’art. 323 c.p., le regole di condotta eventualmente violate non devono consentire, durante la fase applicativa, l’esercizio di un potere discrezionale da parte del pubblico amministratore, aspetto che rischia di accentuare i profili critici dell’attuale figura di reato. In altre e più chiare parole, la previsione dei c.d. “margini di discrezionalità” evocata dalla norma, rischia di estendere eccessivamente il campo d’azione del pubblico funzionario e di neutralizzare, così, la potenziale rilevanza penale anche di quelle condotte che presentano indubbie connotazioni illecite.

L’impostazione di fondo del d.l. Semplificazioni. Le ragioni di una modifica normativa così radicale, intervenuta sul delicato versante della responsabilità penale degli appartenenti alla pubblica amministrazione (seppur limitata, ovviamente, alla sola fattispecie di abuso d’ufficio), possono facilmente individuarsi nelle finalità che hanno condotto ad una decretazione d’urgenza che fosse dotata, nella prospettiva del legislatore, di tutti gli strumenti necessari per affrontare la situazione di grave crisi economica determinata dalle diverse misure emergenziali degli ultimi mesi.

Il legislatore, infatti, ritenuta la “straordinaria necessità e urgenza di realizzare un’accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture attraverso la semplificazione delle procedure in materia di contratti pubblici e di edilizia” (Cfr. premesse al d.l.), ha voluto procedere, in via parallela, alla “semplificazione in materia di responsabilità del personale delle amministrazioni” non solo sul piano penale, ma anche su quello erariale, con il dichiarato obiettivo di incentivare l’operatività della pubblica amministrazione, garantendo l’assenza (o, comunque, il forte contenimento) di diversi profili di responsabilità in capo alla stessa. 

L’impostazione legislativa è insomma quella riassunta in alcune slide diffuse dalla presidenza del consiglio:“funzionari pubblici: basta paure conviene sbloccare” e “stop alla paura della firma: i funzionari pubblici devono poter sbloccare lavori e spese”.

La responsabilità erariale. Il d.l. 16/7/2020, nella prospettiva di contenere, il più possibile, i rischi correlati alle diverse forme di responsabilità in capo alla pubblica amministrazione, è intervenuto non solo in ambito penale, con la nuova strutturazione dell’art. 323, c.p. (abuso d’ufficio), ma ha previsto una serie di rilevanti modifiche anche in tema di responsabilità per danno erariale. In particolare, i principali interventi hanno riguardato proprio l’art. 1 della legge n. 20/1994 (“Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”), secondo cui “la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”.

Prova del dolo. Il decreto legge, innanzitutto, ha inserito, all’art. 1 della legge n. 20/1994, la precisazione che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. Sul punto, non si può negare come l’accertamento del dolo, nei termini indicati dalla nuova disposizione, potrebbe risultare molto complesso, considerati anche alcuni orientamenti della giurisprudenza contabile.

Colpa grave. La seconda modifica, decisamente più rilevante anche se di carattere transitorio, riguarda invece la soppressione della responsabilità per colpa grave con riferimento ai fatti commessi dall’entrata in vigore del d.l. Semplificazioni (16/7/2020) fino al 31/12/2021. Tale limitazione di responsabilità, definita da alcuni commentatori un vero e proprio ”scudo erariale”, non si applica, invece, aidanni cagionati dall’omissione o dall’inerziadel soggetto agente.

Finalità della nuova responsabilità erariale. La nuova disciplina della responsabilità per danno erariale, figlia della medesima impostazione che ha orientato la modifica del delitto di abuso d’ufficio, conferma, quindi, la volontà del legislatore di creare, con tutti i rischi e le criticità del caso, un ampio spazio operativo per la pubblica amministrazione.