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Nicola Pietrantoni

Ue, interessi finanziari blindati

Avv. Nicola Pietrantoni

Dalla frode al riciclaggio: giro di vite nella lotta contro la criminalità transnazionale: per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, infatti, indagherà l’European Public Prosecutor’s Office (Eppo), organo istituito con il Regolamento (Ue) 2017/1939, con sede a Lussemburgo e già operativo dal 1° giugno di quest’anno anche nel nostro Paese.

Principi ispiratori dell’Eppo. Il legislatore comunitario ha ritenuto che l’obiettivo di proteggere la dimensione finanziaria dell’Ue da determinate categorie di condotte criminose può “essere conseguito meglio a livello di Unione”, considerato che l’intervento preventivo e repressivo dei singoli ordinamenti, “a causa della disorganicità dell’azione penale nazionale”, ha spesso dimostrato di non essere in grado di “conseguire tale obiettivo in misura sufficiente” (Reg. Ue, Considerando 12).

La previsione della Procura europea quale organo indipendente dell’Unione, dotato di personalità giuridica, rappresenta l’ultima tappa di un lungo percorso legislativo. Il Trattato di Lisbona del 13.12.2007, nella prospettiva federalistica di creare una competenza penale autonoma dell’Unione, aveva già identificato la fisionomia essenziale di un organo inquirente sovranazionale, con l’obiettivo proprio di “combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione” e di estenderne l’operatività anche “…alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale” (art. 86, Trattato di Lisbona).

Le oggettive difficoltà di elaborare una disciplina omogenea a livello europeo, che dovrebbe tradursi in un unico codice di procedura penale coerente con le peculiarità dei diversi ordinamenti, hanno suggerito l’adozione dell’attuale modello dell’Eppo, che prevede l’applicazione delle regole procedurali interne ai singoli ordinamenti. Il legislatore europeo, infatti, ha voluto lasciare “impregiudicati i sistemi nazionali degli Stati membri per quanto riguarda il modo in cui sono organizzate le indagini penali” (Reg. Ue, Considerando 15).

Tutte le attività giudiziarie, in particolare quelle di indagine, che devono essere svolte fuori dai confini territoriali del singolo Stato interessato, fino ad oggi erano regolate da rapporti di cooperazione tra i singoli Stati, attraverso il coinvolgimento di organismi comunitari (Europol, Eurojust e Olaf), la cui complessità operativa e di coordinamento, però, non consentivano sempre di raggiungere risultati soddisfacenti.

Competenza dell’Eppo. Il nuovo organo inquirente, con cui Europol, Eurojust e Olaf collaboreranno, dovrà supervisionare e coordinare le indagini dei pubblici ministeri nazionali (Procuratori europei delegati) in relazione ai reati di frode, corruzione e riciclaggio, di cui alla Direttiva (Ue) 2017/1371 (Direttiva Pif), che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, e rappresentare l’accusa fino alla pronuncia del provvedimento definitivo avanti gli organi giurisdizionali degli Stati membri che hanno aderito al Regolamento (Ue) 2017/1939.

In particolare, l’Eppo dovrà contrastare le frodi relative a fondi o beni provenienti dal bilancio dell’Unione o dai bilanci da essa gestiti, le frodi Iva che coinvolgono due o più Stati membri con un danno almeno di 10 milioni, il riciclaggio di denaro derivante proprio dalle attività fraudolente di cui sopra, nonché la corruzione (attiva e passiva) e l’appropriazione indebita da parte del funzionario pubblico nazionale o europeo.

La Procura europea, inoltre, potrà indagare anche sulle attività illecite, realizzate da organizzazioni criminali, finalizzate alla commissione dei reati di cui alla Direttiva Pif (c.d. reati satellite), nonché su ogni altro delitto ad essi indissolubilmente connesso.

La struttura centrale dell’Eppo. L’ufficio è composto, a livello centrale, da un Procuratore capo europeo (Pce) con funzioni di organizzazione e direzione dell’organo (Reg. Ue, artt. 11 e 14), dal Collegio dei procuratori europei (Pe) con poteri di supervisione generale e responsabilità in ordine alle decisioni di carattere strategico (art. 9) e, infine, dalle Camere permanenti che sono formate dai Procuratori europei, soggetti incaricati di monitorare, coordinare e indirizzare le indagini preliminari dei Procuratori europei delegati (Ped) nel rispettivo Stato membro di origine (art. 10). Le Camere permanenti avranno un ruolo significativo nell’ambito della nuova disciplina, dal momento che dovranno assumere, anche in base alle richieste avanzate dai magistrati delegati dei vari Paesi, una serie di decisioni molto importanti: ad esempio, disporre il rinvio a giudizio della persona sottoposta alle indagini, archiviare il procedimento, applicare eventuali procedure semplificate (ad esempio, un rito alternativo), rinviare il caso alle autorità nazionali, riaprire un’indagine, stimolare il singolo Ped ad avviare un’attività di indagine o a disporre l’avocazione, assegnare o riassegnare un caso. 

Gli organi periferici (Ped). La concreta attività della Procura europea verrà svolta, a livello decentrato, proprio dai Procuratori europei delegati, individuati tra i magistrati che già svolgono le funzioni inquirenti negli Stati che hanno aderito al Regolamento (Ue) 2017/1939.

I magistrati in questione rivestiranno un doppio ruolo: quello di Procuratore europeo delegato, sotto la supervisione del Procuratore capo europeo e della Camera permanente, nonché quello di pubblico ministero nazionale: funzione, quest’ultima, che potrà essere mantenuta a condizione che non impedisca l’assolvimento, in termini pieni, di tutti gli obblighi previsti dal citato Regolamento.

Tra le più significative attività che dovranno svolgere i singoli Ped, anche alla luce del regolamento interno dell’Eppo (pubblicato il 21.1.2021 nella Gazzetta europea), ricordiamo l’iscrizione della notizia di reato, l’avvio delle indagini preliminari, nonché la raccolta degli elementi a sostegno dell’ipotesi accusatoria, anche attraverso i tipici strumenti di ricerca della prova (intercettazioni, perquisizioni locali e personali) e la richiesta di misure cautelari. Il legislatore comunitario, consapevole del carattere transnazionale di alcuni reati (tra i quali, quelli commessi in uno Stato ma con effetti anche in altri ordinamenti) ha inoltre previsto che i Ped agiscano “in stretta cooperazione fornendosi reciproca assistenza e consultandosi regolarmente nei casi transfrontalieri” (Reg Ue, art. 31).

Conclusa la fase investigativa, il Procuratore delegato deve presentare, alla Camera permanente, una sintetica relazione su quanto emerso nel corso delle indagini e proporre un “progetto di decisione” tra diverse opzioni a disposizione: l’esercizio dell’azione penale, l’applicazione di una procedura semplificata, l’archiviazione del procedimento, oppure il rinvio dello stesso alle autorità nazionali.

Il sistema di garanzie per l’indagato/imputato. Un tema delicato e centrale riguarda, poi, il sistema delle garanzie assegnate a coloro che vengono convolti nel procedimento penale. Sul punto, il Regolamento (Ue) dispone che “le attività dell’Eppo si svolgono nel pieno rispetto dei diritti degli indagati e degli imputati sanciti dalla Carta, in particolare il diritto a un giudice imparziale e i diritti della difesa” (art. 41, p. 1), con la precisazione, inoltre, che “chiunque sia indagato o imputato in un procedimento penale dell’Eppo gode almeno dei diritti procedurali stabiliti dal diritto dell’Unione, comprese le direttive relative ai diritti degli indagati e degli imputati nel quadro di un processo penale, quali attuate dal diritto nazionale” (art. 41, p. 2).

In questo quadro, sono stati riconosciuti il diritto alla interpretazione e alla traduzione degli atti (Direttiva 2010/64/UE), il diritto all’informazione e di accesso alla documentazione relativa all’indagine (Direttiva 2012/13/UE), il diritto di accesso a un difensore e di comunicare e informare terzi in caso di detenzione (Direttiva 2013/48/UE), il diritto al silenzio e alla presunzione di innocenza (Direttiva 2016/343 UE), il diritto al patrocinio a spese dello Stato (Direttiva 2016/1919 UE).

Infine, il legislatore europeo ha espressamente disposto che “l’indagato, l’imputato e le altre persone coinvolte nel procedimento dell’Eppo godono di tutti i diritti procedurali previsti dal diritto nazionale applicabile, compresa la possibilità di presentare prove, di chiedere la nomina o l’audizione di periti e l’escussione di testimoni, nonché di chiedere che l’Eppo ottenga tali misure per conto della difesa” (art. 41, p. 3).

Alcune criticità. Le potenziali criticità che potrebbero coinvolgere l’operatività dell’Eppo si traducono, essenzialmente, nell’obiettiva difficoltà di coordinamento tra i singoli codici di procedura penale nazionali, con effetti sulla stessa efficacia delle indagini preliminari (e, quindi, sulla repressione dei fenomeni criminali di carattere transnazionale), nonché sul sistema di garanzie che devono necessariamente essere assicurate agli indagati/imputati.

Pensiamo, per fare alcuni esempi, a quei procedimenti “Eppo” che vengono assegnati alle procure italiane, le cui indagini sono state però condotte all’estero da Ped di altri Stati, e cioè secondo norme processuali diverse rispetto alle nostre. Oppure, al contrario, ai procedimenti gestiti da Procuratori delegati italiani, il cui indagato è un cittadino italiano, che vengono successivamente trasmessi per competenza a Ped “stranieri”.

In altri casi, potrebbero sorgere conflitti di competenza tra l’Eppo e le procure nazionali, con il rischio di sovrapposizione di più procedimenti penali, per gli stessi fatti e nei confronti delle medesime persone, situazione compatibile con la violazione del principio del “ne bis in idem”, con inevitabili compressioni dei diritti delle persone coinvolte.

Infine, risulta più complesso, per il difensore in un procedimento “Eppo”, svolgere attività difensive a favore del proprio assistito, dal momento che queste devono essere autorizzate dalla stessa Procura europea e quindi dipendono da scelte discrezionali dell’organo dell’accusa.